Rompere il tabù delle mestruazioni con l’educazione sportiva nelle scuole: il progetto “Corpi che sanguinano”

Nella società occidentale – e in linea generale in tutte le società – la narrazione del mondo ha voce maschile; l’uomo è spesso considerato come “la normalità” mentre tutto il resto – quindi anche le donne – viene considerato qualcosa che si “allontana” dalla norma.

Questo accade in praticamente tutti i settori: i pupazzi usati nei crash test delle automobili sono costruiti in base ai corpi maschili (quindi proteggono meglio gli uomini e mettono in pericolo le donne); fino a poco fa in medicina le donne erano considerate alla stregua di “uomini piccoli”, e ne venivano completamente ignorate le caratteristiche biologiche nella scelta di trattamenti, medicinali, etc.

Anche lo sport ha storicamente definito i suoi canoni, le sue caratteristiche e i suoi regolamenti intorno a un corpo maschile, determinando di fatto l’esclusione o la marginalizzazione sia dei corpi femminili che delle soggettività che non rientrano in questi due binari; in questa prospettiva le mestruazioni sono viste al pari di una malattia e trattate come tali, e chi mestrua è incoraggiatə a prevenire e gestire eventuali deviazioni della norma.

Proprio di mestruazioni, corpi non maschili e sport si occupa il progetto “Corpi che sanguinano” di Elisa Virgili e Codici Ricerca e Intervento, il cui obiettivo è quello di smontare tabù e pregiudizi sulle mestruazioni (e sul modo di gestirle) attraverso l’educazione sportiva nelle scuole.

Abbiamo voluto intervistare Elisa per farci spiegare da lei in cosa consiste il progetto “Corpi che sanguinano”: ecco cosa ci ha raccontato!

Ciao Elisa, puoi presentarti per chi ci legge?

Ciao! Comincio dalla parte più legata a questo progetto: sono una ricercatrice indipendente, di formazione filosofa politica, mi occupo da qualche anno della relazione tra genere e sport.

Elisa Virgili

Ma mi alleno anche come pugile in una palestra popolare che è anche un collettivo femminista che si chiama Le Sberle, a cui devo molto per tutte le discussioni fatte su questi argomenti e anche per il modo in cui li mettiamo in pratica.

Come nasce l’idea del progetto “Corpi che sanguinano”?

Come dicevo c’è una parte teorica e di ricerca dietro questo progetto ma anche una parte molto pratica, politica e personale.

Di base sono partita dal mio corpo, da come mi sento quando ho le mestruazioni e mi alleno, ne ho discusso poi in palestra, sia con le compagne e con i compagni e ho capito che non era una questione che riguardava solo me e che molto c’era da capire su come le mestruazioni impattano sull’attività sportiva e viceversa e soprattutto che per certi versi è ancora un tabù e c’è bisogno e voglia di parlarne.

Come vivono le mestruazioni la popolazione studentesca e il corpo insegnanti? È ancora un tabù e per chi maggiormente?

Per rispondere a queste domande ho fatto delle interviste a ragazze singole tra i 15 e i 18 anni, a insegnanti di Scienze motorie, allenatori e allenatrici e ho fatto alcuni focus group con ragazz* sempre della stessa età.

Nonostante apparentemente, soprattutto le ragazze, dichiarino di non avere alcun problema a riguardo, durante le interviste emergeva la difficoltà a parlarne con gli insegnati o la poca conoscenza di come si può, anche con piccoli accorgimenti, migliorare il modo in cui si vivono le mestruazioni, come si può gestire il dolore sia attraverso lo sport che attraverso un dialogo più sereno ed esplicito nell’ambiente scolastico.

Da parte dei ragazzi invece è emersa una gran voglia di capirne di più e di poter in qualche modo essere solidali con le compagne di classe o semplicemente capire cosa accade ad un corpo diverso dai loro.

Da parte di tutt* la richiesta è quella di un’educazione aperta a questi temi fatta in modo sistematico dalla scuola (la maggior parte delle informazioni che si hanno deriva ancora da madri, sorelle amiche e questo presenta dei limiti perché molto legata al contesto in cui si vive).

Anche per il corpo docente il problema non è quello del tabù ma della mancanza di formazione su questo, è una parte che ad esempio manca in tutti i corsi per diventare insegnante di Scienze Motorie o allenatore/allenatrice, al di là del mero dato biologico.

Le motivazioni che portano a saltare l’ora di educazione fisica (o l’attività sportiva) durante le mestruazioni, indicativamente, sono perlopiù per motivi fisici (dolore, fastidio), per la difficoltà nel gestire il flusso o per vergogna (paura di sporcarsi, che le altre persone “se ne accorgano” etc.)?

Per la maggior parte la motivazione è il dolore, solo per alcune il problema è quello di sporcarsi.

Interessante però è come questo vari a seconda dell’abitudine a fare sport o meno, chi pratica sport fuori dalla scuola, soprattutto a livello agonistico o quasi, non percepisce questo problema, forse per l’abitudine e/o la maggior consapevolezza della gestione del corpo e dei suoi limiti.

C’è poi una parte, e in questa includo la giovane me, che lo usa semplicemente come “scusa” per saltare la lezione. Però anche su questo chiediamoci perché molte ragazze non si sentono a loro agio durante le ore di Scienze Motorie mentre solitamente è l’ora che molti ragazzi aspettano.

E ancora, questo ci porta a riflettere su come la pratica sportiva sia stata storicamente legata al mondo maschile e questo abbia ancora un grosso impatto.

Nel corpo insegnanti quanto è presente / diffusa / forte la volontà di far sentire chi mestrua più a suo agio in relazione all’attività sportiva?

La volontà c’è!

Lo dimostrano sia le interviste che ho condotto e il fatto che molt* insegnanti mi stanno contattando per portare questo progetto nelle scuole.

Ho notato una differenza di genere però, non nella volontà ma nella gestione della questione. Solitamente per le ragazze è più facile parlare apertamente con un’insegnante donna e viceversa le insegnanti donne sono più propense a dialogare con l’alunna e capire se spingerla a cercare comunque di provare a far lezione o darle consigli su come riposarsi e prendersi cura di sé.

Molti insegnanti uomini, per non essere invadenti, semplicemente accettano la giustificazione, c’è però anche da parte loro la volontà di affrontare in modo più dialogico la questione e soprattutto la richiesta, come dicevo prima, di avere una formazione più completa a riguardo per poter dare risposte adeguate.

Di cosa c’è bisogno per creare un ambiente in cui sia “normale” parlare di mestruazioni a scuola (o in generale)?

Di parlare!

Sicuramente un’educazione sessuale e affettiva che comprenda il tema e che non si limiti a spiegare come funziona dal punto di vista biologico è la soluzione che sembra mettere d’accordo studenti e insegnanti.

Durante un focus group è emersa anche l’idea di una sorta di educazione alla pari in cui le ragazze e i ragazzi più grandi si confrontino con quell* delle prime classi. Un’altra cosa che molte ragazze hanno proposto e che hanno anche cercato di portare avanti nelle loro scuole è quella di un distributore di assorbenti gratuiti.

Questa non solo è una lotta politica che appoggio e che ci porta a ragionare anche sul lato economico della questione, ma una scuola in cui gli assorbenti sono visibili a tutt* è una scuola in cui si può parlare apertamente di mestruazioni, in cui la questione diventa per così dire quotidiana e normale.

Per i ragazzi trans il rapporto con le mestruazioni può essere particolarmente difficile poiché ricorda loro la presenza di un corpo con il quale non si identificano: come affrontare l’argomento in modo “giusto” anche per loro?

Mi piacerebbe poterti dare una risposta, ma sarebbe la mia mentre vorrei dare voce a quello che è emerso nel dialogo con gli/le student* e in particolare alle soggettività in questione, purtroppo il tema non è emerso durante le interviste nè ho incontrato studenti trans con cui parlarne, questo è il momento per lanciare un appello!

Quello che posso dire è che una volta che si comincia a sgretolare un tabù, gli altri, con una piccola spinta, cadono a domino.

Come sono le reazioni della popolazione studentesca quando nelle scuole si fanno momenti di confronto riguardo a mestruazioni e dintorni?

Ho trovato molta apertura e voglia di parlarne, anche se la prima reazione è stata quella di porsi un po’ come se il problema fosse superato, e sicuramente rispetto a quando ho fatto il liceo io 20 anni fa la situazione è certamente migliore.

C’è stata occasione di confrontarsi con le istituzioni riguardo a questo progetto e, se sì, quale è stata la reazione?

Purtroppo non molto. C’è stato un confronto con le scuole che hanno accolto e/o richiesto la diffusione del progetto nei loro spazi ma quest’anno la situazione nelle scuole a causa del Covid è molto complicata è la priorità è data alla soluzione di problemi percepiti come più urgenti, anche comprensibilmente, per cui è complicato pensare in modo più sistematico a questo.

C’è qualcosa che non ti ho chiesto e che, invece, avresti voluto che ti domandassi?

Forse qual è il mio desiderio su questo progetto: la completa autogestione!

Assieme alla grafica Maria Gloria Posani ho creato un poster da mettere negli spogliatoi delle scuole a partire da quello che era emerso dalle interviste e con alcuni tips su come gestire le mestruazioni quando si fa sport ma anche semplicemente con delle frasi di rottura di certi stereotipi.

L’ho diffuso principalmente attraverso una rete di collettivi studenteschi, ecco quello che mi piacerebbe è che le ragazze continuassero il lavoro da sè, che portassero avanti le loro richieste, e so che molte lo hanno già fatto e che altre lo faranno.

Clicca sull’immagine per scaricare gratuitamente il PDF del poster di “Corpi che sanguinano”

Ringraziamo Elisa per il tempo che ci ha dedicato!

Chi volesse saperne di più sul progetto “Corpi che sanguinano” può visitare il sito dedicato mentre il poster si scarica (gratuitamente) da questa pagina.

Per contattare Elisa Virgili in merito al progetto è possibile scriverle all’indirizzo corpichesanguinano@gmail.com

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Di Stella Fumagalli

Classe 1986, scrivo su diversi blog dal 2011. Sono un'appassionata di scienza, femminismo, animali, film horror e tatuaggi. Amo leggere, odio cucinare, sono intollerante con chi non tollera. Stay human.

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